IL TORO E IL GATTOPARDO (contenuto: Riforma della Giustizia, Giustizia penale, durata dei processi)
Nella mitologia greca, Europa era una nobile fanciulla che Zeus tentò di sedurre avvicinandosi a lei avendo assunto le sembianze di un toro, da qui il richiamo a tale animale quale simbolo del vecchio continente.
Quanto al gattopardo che forma il titolo del noto romanzo di Tomasi di Lampedusa, era effigiato nello stemma di famiglia dei principi di quell’isola, rappresentato dal Felis leptailurus serval, un felino dimorante sulle coste dell’Africa settentrionale e, nelle parole dell’autore, quell’animale assumeva un’accezione positiva: «Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra», tuttavia seguendone dai critici un significato assai diverso, tanto che “gattopardesco” divenne aggettivo evocativo della capacità tutta nostrana di trasformarsi per adattarsi, lasciando in realtà il tutto inalterato nella sostanza.
Bene, nella cosiddetta “Riforma Cartabia” mi pare di ritrovare lo scontro fra il toro d’Europa ed il felino italico, scontro oramai giunto all’epilogo con l’approdo al Consiglio dei Ministri dello schema di d.lgs. attuativo della riforma del processo penale ove è stato approvato ed inoltrato alle Camere per il prescritto parere, al fine di consentire al Governo, ancorché in proroga per lo svolgimento degli affari correnti, l’esercizio della delega entro il prossimo 18 ottobre 2022.
Lo scenario di emergenziale conseguente al diffondersi della pandemia ha determinato l’insorgere di gravi rischi sistemici, ma anche di inedite potenzialità di ricostruzione organizzativa del settore della giurisdizione penale, attraversato da una profonda crisi di efficienza, effettività e autorevolezza (ancorchè le vicende del CSM siano state, in concreto, superate senza quel tracollo che si poteva immaginare).
Intanto, dall’Europa si manifestava inquietudine per la profonda crisi di fiducia dei cittadini nella giustizia e nella democrazia costituzionale nel nostro Paese.
Anche se esistono numerose metodologie e relativi indicatori, quantitativi e qualitativi, utilizzabili per misurare le performance di un sistema giudiziario, a livello internazionale gli osservatori si concentrano principalmente sulla durata dei procedimenti, sull’arretrato e sulla qualità della giurisdizione quali parametri di valutazione del sistema di giustizia di un Paese, perché ne disegnano la dimensione etica come la potenzialità di crescita economica.
Secondo il report di valutazione su European Judicial Systems 2020 della Commissione europea per l’efficacia della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ), l’Italia non riesce a mostrare livelli di servizio competitivi con gli altri sistemi: diversi indicatori suggeriscono che i fattori organizzativi e le carenze sul fronte della gestione degli uffici pare che siano alla radice delle lentezze dei procedimenti.
Il fattore di criticità “tempo” viene altresì ripetutamente rimarcato nelle competenti sedi europee, in particolare nelle Country Specific Recommendations indirizzate dalla Commissione Europea al nostro Paese in coerenza con i più recenti dati di Doing Business della Banca Mondiale e di WJP Rule of Law Index, elaborato dal World Justice Project promosso dall’American Bar Association, tutti a segnalare un sensibile arretramento dell’Italia nella classifica mondiale delle performance dello Stato di diritto: dunque, il processo viene valutato dagli analisti di mercato, dai sistemi bancari.
Ed ecco che, allora, non stupisce che un apposito capitolo sia dedicato nel PNRR alle riforme nel settore della giustizia, partendo dal dato incontroverso della irragionevole durata e ponendo al centro dei progetti l’obiettivo di riportare il processo italiano a un modello di efficienza, effettività e competitività per il sano sviluppo dell’economia e per il corretto funzionamento del mercato. Si riconosce che è necessario potenziare con seri investimenti le risorse umane, strumentali e tecnologiche dell’intero apparato giudiziario, nel senso che ogni intervento normativo sia coniugato con finanziamenti adeguati a sostenerlo nel tempo e a stabilizzarlo in futuro e si assume che, attesa la complessità dei fattori, l’obiettivo non può essere raggiunto solo attraverso interventi di riforma dei riti e che viceversa occorre muoversi contestualmente lungo tre direttrici complementari: l’organizzazione, la dimensione endoprocessuale e quella extraprocessuale.
Per quanto riguarda lo specifico versante del sistema penale, l’Italia, che pure vanta una buona legislazione per il contrasto alla criminalità organizzata e anticorruzione, come viene riconosciuto dagli osservatori internazionali, presenta tuttavia tempi di definizione dei giudizi di molto superiori alla media europea che recano pregiudizio alle garanzie delle persone coinvolte ed all’interesse dell’ordinamento all’accertamento e alla persecuzione dei reati.
Il piano punta dunque a semplificare e razionalizzare il sistema degli atti e delle notificazioni, ad assicurare scansioni temporali più certe e stringenti, ad ampliare il ricorso ai riti alternativi ed a garantire maggiore selettività nell’esercizio dell’azione penale e nella conduzione del dibattimento, oltre che nelle regole di accesso all’appello ed al giudizio di legittimità.
Il legislatore della riforma ha così avvertito l’esigenza di fronteggiare in via prioritaria il problema costituito dall’ormai invalso paradigma concettuale per il quale, nel contrasto fra i tempi lunghi e le soluzioni incerte della giurisdizione penale e le contrapposte, legittime, ansie di legalità dei cittadini, sarebbero le cadenze asfittiche del giudizio a giustificare il privilegio accordato ai provvisori esiti investigativi, alla preventiva privazione della libertà personale ed alla gogna mediatica, sovvertitore del principio costituzionale di non colpevolezza, oramai divenuto nostalgico retaggio.
Nonostante le faticose mediazioni politiche esercitate fino all’ultimo momento, si tratta di una riforma articolata e di sistema che attraversa con largo respiro l’intero settore della giurisdizione penale, anche per i rilevanti aspetti sostanziali se si ha riguardo alle ulteriori disposizioni di delega in materia sanzionatoria, come per le pene sostitutive e pecuniarie, la messa alla prova, la cd. giustizia riparativa e l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, tutte ispirate al principio per il quale il carcere non deve essere l’unica risposta al reato; ed anche per l’intervento praticato sulla prescrizione e sulla improcedibilità dell’azione penale per decorso dei termini di fase.
Per monitorare l’evolversi di questi interventi verranno istituiti il Comitato tecnico-scientifico (un organo che nella pandemia abbiamo imparato a conoscere, non sempre in termini rassicuranti) per la digitalizzazione e quello per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale, sulla ragionevole durata del procedimento e sulla statistica giudiziaria, quali organismi di consulenza e di supporto nella valutazione periodica del raggiungimento degli obiettivi di accelerazione e semplificazione del procedimento penale, nel rispetto dei canoni del giusto processo.
La complessità di questo intervento, calandosi peraltro in un momento difficilissimo per le sorti stesse del mondo, esposto concretamente al rischio di un terzo conflitto globale con uso di armi nucleari, presuppone che Magistrati, Avvocati e personale di supporto, ma anche Polizia Giudiziaria ed Ausiliari, operino con l’ausilio del Ministero della Giustizia e del CSM; ma è seriamente prospettabile che tanto avvenga?
Difficile attenderselo, non per pessimismo ma per semplice esercizio di buon senso: quanto non è riuscito in tempi tranquilli e di economia contratta -ma non traumatizzata da due anni di semi blocco- è possibile che riesca ora che non sappiamo nemmeno se vi saranno risorse per riscaldare i Tribunali nel prossimo inverno?
E, operando essenzialmente nel segno dello sveltimento del processo, è davvero auspicabile immaginare che questo obbiettivo finisca per comprimere i tempi della riflessione e quelli delle garanzie?
Una giustizia ossessionata dal tempo è esposta ad aumento di errori che, nel contempo, diverranno più difficilmente riparabili, stante la propensione alla compressione, sotto vari profili, della disciplina delle impugnazioni.
La necessità di rispettare gli impegni assunti con il PNRR sospinge alla semplificazione dei meccanismi processuali, sicuramente farraginosi, ma il rischio in questa prospettiva di fughe in avanti è evidente, trasformandosi l’efficienza in efficientismo a scapito delle garanzie, come evidenziato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 111 del 2022 ribadendo C. cost. n. 317 del 2009 che deve fungere da monito per molti sostenitori di facili argomenti impostati sul bilanciamento tra efficienza e garanzie; il diritto di difesa ed il principio di durata ragionevole non possono entrare in comparazione ai fini del bilanciamento, indipendentemente dalla completezza del sistema delle garanzie, in quanto ciò che rileva è esclusivamente la durata del “giusto” processo, quale delineato dall’art. 111 Cost. perché un processo non “giusto”, perché carente sotto il profilo delle garanzie non è conforme al modello costituzionale, quale che ne sia la durata.
Nel contempo, non si può tralasciare che la tanto attesa e complementare riforma della Giurisdizione, per come è venuta a determinarsi, più che una reale trasformazione dell’ordinamento giudiziario e del CSM, appare un’occasione mancata: a fronte di quanto emerso all’interno di questo Organo -che offriva una chiave di lettura molto chiara del male originario del sistema Giustizia, ben oltre gli inciampi procedurali e le carenze di risorse umane ed economiche- era quello certamente il punto dal quale partire, se si voleva davvero sovvertire un sistema gravemente malato e non più credibile, rivedendo le modalità di composizione del consesso che ne individua i capisaldi funzionali organizzativi e d’indirizzo, piuttosto che ragionare di efficientismo, mediante creazione di nuove e malcerte linee guida.
Ma, ancora una volta, il gattopardo, evidentemente, l’ha spuntata e così anche il toro europeo dovrà farsene una ragione, quando fra qualche tempo ci verrà a chiedere conto di come abbiamo impiegato i fondi che ci ha assegnato.
Avv. Gabriele Bordoni
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