POLITICA E GIUSTIZIA (contenuto: Politica, Giustizia penale, Magistratura)
Una volta, quando ero ragazzino, ricordo che esisteva la politica; quella dei dibattiti a primavera prima delle elezioni (e non quella dei battibecchi diuturni, nell’arco di tutto l’anno e per tutti gli anni, questa volta persino in piena estate visto la tornata elettorale di fine settembre) che lavorava per risolvere i problemi del Paese, magari attraverso sistemi censurabili ma, in qualche modo, lavorava.
La politica veniva fatta dai partiti quali associazioni di persone (e non soltanto centri malcelati di riferimento di potere di natura economica) che avevano come scopo quello di raggiungere alcuni obiettivi, sia di carattere personale e di gruppo, ma anche di ordine generale e nell’interesse del Paese.
Erano gli anni di piombo e della guerra fredda: seppure spesso sciagurati, gli uomini politici della cosiddetta prima Repubblica hanno saputo allora arginare la drammaticità della situazione nazionale ed internazionale, in quei frangenti corruschi, dando conto di esserci e di rappresentare -magari non sempre in maniera felice- il nostro Paese, risultato che non sarebbe per certo riuscito all’attuale classe politica.
Gli elettori in quello scenario si sentivano in qualche modo rappresentati da questo o quel partito e quindi gli affidavano, con il voto, una quota del loro destino prossimo, sperando che i partiti valessero ad indirizzare le scelte politiche e quelle legislative nella direzione che avevano propagandato nei loro programmi.
C’erano, insomma, dei punti di riferimento ai quali ognuno sentiva l’esigenza di “votarsi”, potendo anche scegliere; poi qualcuno pensò che i partiti fossero di troppo, l’economia li sostituì con i loro ologrammi e si arrivò così ad una sorta di anarchia politica che purtroppo, come si può constatare anche in questi tempi, non porta da nessuna parte se non alla fine del mondo che conosciamo ed al quale siamo, comunque, maledettamente legati.
Forse la perdita di valori politici è conseguenza diretta della perdita dei valori morali, ai quali sembra che ognuno abbia voluto dare una spallata nel nome di una improponibile forma di libertà che tiene conto solo di se stessi a scapito degli altri: rinuncia al rapporto umano, alla comprensione, alla socialità, alla convivenza organizzata, al rispetto dell’altro nell’interesse anche del bene comune.
In questo contesto deprimente, quale funzione può avere la Giustizia penale ?
Il quesito apre il campo a fiumi di considerazioni, ma qui vogliamo soltanto svolgere qualche riflessione, posto che la campagna elettorale in corso propone anche slogan e progetti che proprio al processo penale si riferiscono perché, evidentemente, il tema è ancora fra quelli che interessano le persone.
Tuttavia, la Giustizia penale è tema troppo serio per essere strumentalizzato da chi nemmeno ha idea delle conseguenze delle proposte che vagheggia, oscillando da chi in qualche modo vorrebbe che la Magistratura -nonostante la bufera nella quale sta da qualche tempo palesemente- si sostituisse alla politica (senza comprendere che tanto varrebbe al sovvertimento delle regole chiave dell’Ordinamento) e chi invece vorrebbe ridurla ad un apparato di secondo piano, miniaturizzato.
Nessuno invece si interessa di riconsiderarla nella sua dimensione costituzionale ed ontologica, oltre che tradizionale nella nostra civiltà occidentale, per la quale ha essenzialmente funzione correttiva, a patto che sappia recuperare le più prepotenti istanze di umanità, nel rispetto dei valori ordinamentali, così da garantire il singolo nel momento in cui entra a contatto con lo Stato dal quale si aspetta di essere protetto, se vittima, oppure rispettato se si trova dalla parte opposta -pur sempre presuntivamente non colpevole e non provvisorio condannato di rango mediatico- senza essere trattato come un problema astratto da gestire in aula così come in cella.
Perchè invece è questa la sensazione amara e degradante che si avverte troppo spesso: leggi amorfe e pseudo tecniciste -come quelle che anche in questi giorni vengono propugnate- incapaci di comprendere i fenomeni cui vorrebbero sovvenire, svilenti il ruolo dell’Uomo che da protagonista diviene inerte oggetto del trattamento.
Orbene, in ogni era si è legiferato per dare delle regole al vivere comune e queste leggi cambiavano con l’evoluzione dei tempi, avendo come matrice generale il sentire della maggioranza dei cittadini; ora invece è fin troppo evidente come la difesa di interessi particolari e settoriali prevalga e rappresenti anzi la nota schiettamente dominante della legislazione che va oramai cronicamente perdendo ogni riferimento all’Uomo ed all’umanità, con la ricaduta di perdere sovente il buon senso e l’equilibrio, oltra a credibilità e giustificazione sociale.
Leggi imposte ideologicamente per fini eterodossi, schemi procedurali che di tutto si interessano, fuorchè delle persone che si trovano all’interno dei processi quando, invece, sono gli Uomini il centro indefettibile di ogni intervento, anche se non sono tutti uguali ma sono equivalenti e tutti vanno rispettati, riconoscendoli nella loro natura: certo, è difficile ed utopistico ragionare così, ma almeno proviamo a farlo ogni tanto quando parliamo del processo penale.
Diversamente, la meccanicità di una legge astratta ed ideologizzata diventa pericolosa, perché invece che correttiva, diviene strumento ferale: ammantata di tecnicismo, spinta e giustificata spesso attraverso i corselli dell’emergenza quanto sin troppo indirizzata al tornaconto di gruppo, la legge penale non sa più ritagliarsi uno spazio e far prevalere comunque l’uomo, anzi creando il presupposto per stabilizzare, anche in quel contesto, regole meccaniche capaci di alienare la persona quanto inefficaci nel risolvere i fenomeni problematici della società.
La Giustizia non può assomigliare ad un deserto arido di sentimenti e di gentilezza umana, bensì deve tendere alla maggiore umanizzazione ed alla condivisione di quel dolore che è componente intrinseca del processo penale per tutti quelli che vi entrino in contatto: il fine della giustizia non può essere altro che quello di comprendere nel giudicare, rieducare e riumanizzare nel punire, recuperando valori e concetti.
La nostra civiltà decadente ha lasciato rotolare a valle troppe pietre fondamentali e quando ha capito che andavano fermate era troppo tardi; se non cambiamo rotta adesso, senza aspettare nemmeno un giorno ancora, dopo la morte della politica, assisteremo allora a breve anche al decesso della Giustizia; dimenticando che non esiste pace, non esiste libertà, non esiste umanità senza Giustizia.
Avv. Gabriele Bordoni
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