COSCIENZA E LIBERTA’ (contenuto: referendum sulla giustizia, coscienza civile, libertà)
I giornali parlano di “flop storico” dei referendum sulla giustizia, in quanto l’affluenza è stata
per i cinque quesiti del 20,9%, la più bassa nel dopoguerra.
A scrutinio quasi terminato, i 5 referendum hanno ad ogni modo registrato la vittoria platonica dei sì, schiacciante per la separazione delle carriere dei magistrati (74,2% sì e 25,8% no), per la valutazione dei magistrati estesa ai membri laici dei consigli giudiziari (72,1% sì e 27,9% no) e per l’abolizione della raccolta di firme per l’elezione dei componenti togati del Csm (72,7% sì e 27,3% no), molto meno per gli altri due sull’abolizione della legge Severino (54,1% di sì e 45,9% di no) e sulla limitazione della custodia cautelare (56,2% di sì e 43,8% di no).
Qualche commentatore ha osservato che -oltre al periodo particolare, con caldo già estivo,
votazione limitata ad unica giornata domenicale e guerra non lontana, silenzio mediaticoaveva certamente penalizzato l’affluenza il fatto che non si fosse aggiunto ai 5 referendum sulla giustizia anche quello sulla liberalizzazione della cannabis che sarebbe stato capace di catalizzare l’attenzione dei cittadini, portandoli alle urne e così inducendoli di passata a pensare anche all’altro tema proposto.
Questo risultato, quando presentai recentemente l’ultima fatica letteraria di Carlo Nordio, dialogandone con lui in un interessante pomeriggio, l’autore lo aveva messo in conto, purtuttavia non demordendo, come Presidente del comitato referendario per il Sì, nell’auspicio che almeno il Paese potesse dare nell’occasione un segnale alla politica.
Ed, in effetti, un segnale lo ha dato, ma non nel senso auspicato dall’incrollabile ottimismo dell’ex Procuratore Aggiunto di Venezia, piuttosto in quello esattamente contrario ed opposto.
Il Popolo, elemento chiave della democrazia -che proprio da quella entità ricava il nome- si è rivelato distratto, assente e di un conformismo deprimente, giungendo ad un sostanziale pareggio fra i votanti persino in relazione al quesito che si rivolgeva alla tutela della libertà dei suoi consociati, di quei cittadini il cui diritto alla presunzione costituzionale di non colpevolezza voleva essere rivalutato e maggiormente salvaguardato, limitando l’accesso al carcere in attesa di processo.
Quasi che fossero questioni che riguardano sempre gli altri, come se la Giustizia penale fosse tema per tecnici o per malandrini; un atteggiamento da puerili individualisti.
E così la magistratura ne esce bene, non essendo valsa nemmeno la pubblicazione dei “racconti italioti” di Palamara ad innescare una reazione generale; quella che ci si aspettava dagli addetti ai lavori e che è mancata totalmente, non si è registrata nemmeno da parte di quel Popolo italiano nel nome del quale si amministra Giustizia, Dea che ora non è più soltanto bendata, ma anche privata di spada e di bilancia, rapita dalle correnti politiche e dagli
interessi normalmente sordidi che quel sistema si porta dietro.
E ne esce bene anche la stessa politica, nonostante la sostanziale tenuta referendaria della legge Severino, venendo giustificata per non essersi interessata mai a quel problema ed a sviluppare riforme serie al riguardo, nemmeno dopo gli scandali recenti che hanno rivelato il condizionamento di certi uffici giudiziari da parte di poteri economici e di quei simulacri ideologici che chiamiamo ancora partiti.
Nel 1972, quando ancora esistevano ideologie ma, soprattutto, idee, Giorgio Gaber scriveva: “vorrei essere libero come un uomo, come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia. E che trova questo spazio solamente nella sua democrazia… La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione. La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”.
Forse quegli uomini pieni di fantasia e di emozioni non esistono più e forse ai loro discendenti non interessa nemmeno la libertà, né tanto meno partecipare alla vita del Paese, ognuno nel ruolo che ricopre e per quello che rappresenta; forse interessa di più la cannabis che consente di vivere trasognati mentre tutto va a scatafascio, fra sterili indignazioni ed inefficaci proteste, pur a fronte del vilipendio dei nostri valori di civiltà per i quali le ultime generazioni prima di noi hanno messo a repentaglio la vita stessa.
Si, il Paese un segnale lo ha dato, caro Nordio: che è stato davvero rasato al suolo nella coscienza, molto prima che possa semmai esserlo, in senso meno figurato, da parte di un despota d’altri tempi che bussa alle nostre porte, senza che nessuno gli sappia nemmeno rispondere adeguatamente
Avv. Gabriele Bordoni
STUDIO LEGALE BORDONI – Tutti i diritti riservati
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!