CRONACA, CRITICA E SATIRA: UNA MISCELA PERICOLOSA (contenuto: cronaca, critica, satira, informazione)
In tema di libertà di espressione e di sconfinamento dai suoi limiti, sono noti i principi giuridici che regolano le diverse scriminanti: quella legata alla critica che non si manifesta solamente nella semplice esposizione dell’opinione del soggetto su determinate circostanze, ma si caratterizza per essere una interpretazione di fatti considerati di pubblico interesse, avendo di mira non l’informare, bensì l’interpretare l’informazione e, partendo dal fatto storico, il fornire giudizi e valutazioni di carattere personale.
Proprio perché l’esercizio del diritto di critica non si concretizza nella mera narrazione di fatti, bensì nell’espressione di un giudizio e, più in generale, di un’opinione, perché assuma valenza scriminante è necessario che venga esercitato entro precisi limiti, individuati essenzialmente nel limite dell’interesse pubblico alla conoscenza di fatti e di opinioni, nel limite della continenza espressiva e in quello della verità dei fatti posti a fondamento della critica.
Insomma, al diritto di critica viene riconosciuta efficacia giustificativa a termini dell’art. 51 del Codice Penale se esercitato attraverso modalità tali da non concretizzare in attacchi personali ed offensivi al destinatario, attraverso aggressioni gratuite, non pertinenti ai temi in discussione e tese soltanto a screditare un soggetto come uomo, fermo la veridicità del presupposto assunto a base delle opinioni e delle valutazioni espresse.
Il diritto di cronaca, invece, inteso come diritto di informare e di essere informati è espressamente tutelato dall’articolo 21 della Carta Costituzionale; la libertà di informazione, e per essa il diritto di cronaca quale espressione della libertà di pensiero è tutelata anche in ambito sovranazionale dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948 e dall’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dalla Carta di Nizza, che, all’articolo 11, riconosce non solo la libertà di ricevere e di comunicare informazioni ma anche il pluralismo dei mezzi di informazione.
Ai fini della configurabilità dell’esimente in questione, anche sotto l’aspetto putativo o dell’eccesso colposo, la necessaria correlazione fra quanto è stato narrato e ciò che è realmente accaduto comporta l’inderogabile necessità di un assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva di quanto riferito, nonché lo stretto obbligo di rappresentare gli avvenimenti quali sono, risultando inaccettabili i valori sostitutivi quali la veridicità o la verosimiglianza dei fatti narrati; né ci si può appagare di notizie rese pubbliche da altre fonti informative (quali altri giornali, agenzie o simili) senza esplicare alcun controllo, perché in tal modo le diverse fonti propalatrici delle notizie, attribuendosi reciproca credibilità, finirebbero per rinvenire la loro attendibilità in sé stesse.
Infine, saldamente ancorata ad una tradizione millenaria, la satira costituisce la più graffiante delle manifestazioni artistiche, basata su sarcasmo, ironia, trasgressione, dissacrazione e paradosso, verte preferibilmente su temi di attualità, scegliendo come bersaglio privilegiato i potenti di turno.
Il diritto di satira trova riconoscimento nell’art. 33 Cost., che sancisce la libertà dell’arte ed è un formidabile veicolo di democrazia, perché diventa applicazione del principio di uguaglianza; non a caso è tollerata persino nei sistemi autoritari, fortemente motivati a mostrare il volto “umano” del regime.
Ma proprio perché trova la sua ragion d’essere nello sminuimento del soggetto preso di mira, il messaggio satirico può entrare in conflitto con i diritti costituzionali all’onore, al decoro ed alla reputazione sicchè -come per la cronaca e la critica- occorre procedere ad un bilanciamento degli interessi in conflitto che dovrà tenere conto delle peculiarità dell’opera satirica che, in definitiva, fanno dell’interesse pubblico, riferito al personaggio rappresentato, il solo parametro di valutazione della legittimità della satira (tanto che, sul piano della continenza, il linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira è svincolato da forme convenzionali, onde non si può applicarle il metro consueto di correttezza dell’espressione; anche se, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, non può superare il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona al disprezzo, oltre al ludibrio della sua immagine pubblica).
Con un significato diverso, più ampio rispetto a quello assunto nella cronaca e nella critica, il termine “interesse pubblico” viene qui adoperato al solo scopo di identificare il problema, poiché mal si concilia con la funzione della satira che non è quella di fornire “notizie”.
Si parla, in proposito, della semplice esistenza di un “nesso di coerenza causale” tra la qualità della dimensione pubblica del personaggio e il contenuto del messaggio satirico viene meglio colto descrivendo la differenza tra la satira da un lato, la cronaca e la critica dall’altro.
Mentre la cronaca si incarica di raccogliere la realtà e la critica esprime al riguardo un giudizio dopo un’attenta osservazione, la satira seleziona alcuni frammenti di realtà e ci gioca, deformandoli ma non sino al punto di trasfigurarli né di miscelarli con falsità, perché in quel caso la scriminante non potrebbe operare.
Un conto è, infatti, deformare la realtà facendo percepire tali deformazioni a fini burleschi, altro è mascherare la satira da veicolo di cronaca, inserendo falsità difficilmente percepibili in quanto mescolate alla celia; esiste peraltro una satira basata sulla verità dei fatti, creata a fini di denuncia sociale, da non confondere con la “satira informativa”, tesa a fornire indicazioni in maniera graffiante e caustica, in quel caso presentando fatti veri letti sotto una chiave caricaturale; in questi casi, tuttavia, si obbietta che ricorra un obbligo di rispettare la verità dei fatti che costringe l’autore satirico a compiere quella attività di ricerca e di verifica delle fonti che è tipica del giornalista, dando luogo così ad una paradossale confusione di ruoli.
Il labile confine fra i concetti espressi diventa impercettibile in contesti comunicativi “ibridi” che divengono quindi insidiosi: mentre si assiste alla svalutazione dei canali di informazione ufficiale, ritenuti scarsamente credibili perché di fatto chiamati a rispondere a linee editoriali che si assumono eterodirette, si nota il crescente accreditamento nell’affidabilità di programmi e trasmissioni che, seppure in chiave satirica, sviluppano quello che un tempo si chiamata “giornalismo d’inchiesta”.
Ma questa mimesi crea i presupposti per una veicolazione di notizie che, affrancate da quei parametri tipici di cronaca e critica, finiscono disinvoltamente per accreditare verità ed indurre opinioni e convinzioni nel pubblico senza una base verificata, attraverso una critica distorta nei presupposti.
Se il contenitore mantiene ferma la propria vocazione al dileggio sarcastico, senza pretese di formare l’opinione pubblica ma soltanto di divertirla attraverso la dissacrazione il pericolo di inquinamento informativo non ricorre; ma è ben diverso quando quello stesso contenitore progressivamente finisce per affrancarsi dalle proprie prerogative di spettacolo ed invade il campo del giornalismo.
Qualora, in quel momento, non cambino i parametri espressivi e di elaborazione di fatti, il distorcimento delle notizie e l’esposizione a rischio dei diritti di ogni persona, nota o meno che sia -o che lo diventi attraverso la stessa esposizione mediatica in chiave satirica- saranno evidenti.
E dunque, questa sorta di eterogenesi dei fini comunicativi non credo che vada nel segno della civiltà, dell’insegnamento al rispetto del prossimo e nemmeno dell’interesse pubblico alla diffusione delle notizie, se per tali di fatto finiscono per essere intese quelle che erano nate per restare soltanto delle burle giocose.
Avv. Gabriele Bordoni
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