SVISTE PERICOLOSE (contenuto: aggravante, sfregio)
Intervenendo con la legge 69 del 2019 a disciplinare in maniera articolata la tematica della violenza domestica o di genere (cd. codice rosso) nell’intento di recare maggiore incisività ad istituti, concetti e modalità d’intervento in quel contesto, oltre che ad inasprire le sanzioni di numerose fattispecie di reato, il Legislatore si è lasciato, tuttavia, sfuggire un particolare di enormi rilevanza e ricaduta concrete.
Intendo riferirmi alle conseguenze recate dall’art. 12 della legge sopra citata che, con la disposizione contenuta al comma 1°, ha introdotto nel codice penale, all’art. 583-quinquies c.p. il delitto di “deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, rendendola così autonoma fattispecie e provvedendo, nel contempo, ad abrogare la preesistente aggravante di cui all’art. 583, comma 2, n. 4 c.p. (disposta dal successivo comma 3°) dedicata originariamente, nell’impianto del codice Rocco, alla deformazione ed allo sfregio permanente al viso.
Probabilmente, si sarebbe potuto gestire l’intervento in maniera più prudente, lasciando coesistere l’aggravante delle lesioni generiche con la nuova fattispecie dedicata, similmente a quanto accadde in tema di omicidio e lesioni stradali, trasformate in autonome fattispecie, ma facendo sopravvivere le forme “base” di tali reati, dedicate agli atri ambiti tutti in cui potevano manifestarsi e venire ad esistenza.
Dunque, pur essendo giustificata dalla volontà di fronteggiare l’allarmante ripetersi di
vicende in cui erano state intenzionalmente causate alla vittima quelle tipologie di lesioni (si pensi ai casi dell’acido lanciato sul volto della vittima) e di offrire così una risposta ispirata a maggior rigore, soprattutto “blindandola” rispetto al rischio di possibili attenuazioni sanzionatorie, conseguenti al meccanismo del bilanciamento delle circostanze -in una prospettiva di contenimento della discrezionalità del giudice, rispetto alla quale resto sempre molto scettico- la novella del 2019 ha recato un vuoto normativo di grande e grave ricaduta.
Infatti, con l’avvenuta creazione dell’autonoma figura di reato, espungendo contestualmente la speculare aggravante di cui all’art. 583 c.p., si è cancellata quella ipotesi di lesione gravissima dall’ordinamento intero, sicchè la deformazione o lo sfregio del viso non sono attualmente più configurabili, se non rispetto al caso specifico sopra descritto nel nuovo reato di matrice dolosa, venendosi a trovare senza adeguata tutela ogni ipotesi colposa del delitto di lesioni pur connotata da quella caratteristica.
Si pensi alle conseguenze di incidenti stradali, laddove lo stesso art. 590 bis c.p., di recente formazione, rimandando al concetto di lesione gravissima -che annoverava anche l’ipotesi abrogata dalla legge 69/2019- lascia ora scoperto il caso dello sfregio; altrettanto dicasi per lesioni deformatrici del viso patite in ambiente di lavoro (con ricaduta anche rispetto all’art. 25 septies del Dlgs. 231/01 in tema di responsabilità della società datrice di lavoro) o per quelle che occorrano nell’ambito dell’attività sanitaria (ad esempio, nel campo degli interventi di natura estetica), anche abusivamente esercitata.
Insomma, una infinità di casi rispetto ai quali, nonostante la sussistenza di deformazione del viso o di sfregio permanente, non si potrà contestare se non l’ipotesi di lesione semplice, con quanto ne verrà relativamente alla procedibilità a querela, alla competenza a giudicare, ai termini di prescrizione (ammesso che ancora se ne debba tener conto) alle misure cautelari e via dicendo; conseguenze queste ben più rilevanti rispetto alla semplice asprezza sanzionatoria che, oltre ad essere comunque modulabile, non aveva alcun particolare effetto deterrente in ambito colposo.
Queste brevi considerazioni -oltre che stimolare una riflessione capace di provocare, attraverso coloro che ne sapranno essere interpreti, un possibile sviluppo di analisi costituzionale incidentale che porti ad un ripensamento correttivo di questo errore tecnico- mira ad evidenziare come la legislazione contingente, quella che segue gli umori popolari del momento, piuttosto che le logiche di un empirismo eticizzante, debba sempre porre la massima attenzione alle ricadute generali del proprio intervento.
Nel nome di principi e di obbiettivi anche condivisibili, si finisce talvolta per cancellare frettolosamente un’architettura antica, in tal modo sopprimendo diritti quanto meno di pari rilievo rispetto a quelli che si intendeva proteggere, creando guasti certi assieme ad aspettative di miglioramento.
L’equilibrio, oltre che la tecnica e la consapevolezza, magari consegnano minore spazio alla polemica ed alla propaganda, ma sono capaci di evitare la genesi di scompensi iniqui; se magari recuperassimo tutti anche questa fra le regole del vivere, potrebbe essere opportuno ed estremamente utile per il bene comune.
Avv. Gabriele Bordoni
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